venerdì 28 dicembre 2012

D.V. Quando si dice più grande della vita stessa

Ritratto di Diana Vreeland
coprirght 2012 Nato_Stanco
Parlare ancora di Diana Vreeland, e frane addirittura un post, è cosa vecchia, io stesso ne ho letti diversi sul web, scritti adeguatamente e molto esplicativi per altro. 
Ma non voglio esimermi da farne anche io uno da condividere con voi, e raccontarvi che figata sia stata conoscere questo singolare eccentrico  favolistico personaggio!
Una vita nata sotto una buona stella certo, ma una donna come lei la fortuna se l'è saputa modellare  addosso, come uno dei tanti abiti da lei splendidamente indossati.
Se è vero che un vestito ti cambia la vita, l'aver indossato proprio quello giusto le valse l'inizio della sua carriera nel campo dell'editoria di moda!
Il mio primo contatto con lei avvenne anni addietro: mentre guardavo il film "A Wong Foo grazie di tutto Julie Newmar"  in una scena una delle protagoniste/i mostra a  favore di camera, questo famigerato libro, consigliandolo caldamente ad un ragazzo di cui aveva intuito le....chiamiamole cosi, promettenti qualità.
Il ragazzo chiede: -dovrei leggerlo?
la Drag Queen risponde : -oh! dovresti impararlo a memoria!

Mai frase fu più veritiera! dopo molto tempo ecco che prima navigando sul web, poi leggendo vari blog ed infine imbattutomi, finalmente, in libreria mi ritrovo al cospetto di:  
D.V biografia di Diana Vreeland.
Ci tengo a precisare che,  non voglio far passare il libro come un semplice volume edito per appassionati di moda, o sbrigativamente sotto la definizione di libro queer, da finocchi insomma... no! è invece,  un trattato di vita, un divertente racconto, una lezione di storia contemporanea, un libro di costume, una fiaba, che appassionerebbe chiunque abbia uno spirito un  pò curioso.
Cosa c'è di più fiabesco di una donna che partita dall'essere una negoziante di biancheria femminile si ritrova a capo di una delle riviste di moda più famose e autorevoli del mondo quale direttore di Vogue America?
A conclusione della sua collaborazione con Vogue, quando la sua carriera sembrava prendere una definitiva battuta d'arresto ecco che le viene chiesto di collaborare con il "Costume Istitute of Metropolitan Museum of Art" curando mostre memorabili. Gli americani hanno un detto: Larger than life, ovvero  più grande della vita stessa, spropositato, esagerato e lei ha pienamente rappresentato questa condizione.
Qui di seguito lascerò alcune delle frasi che più mi hanno colpito da condividere con voi;
tanto per farvi capire di che pasta era fatta questa donna....


Per avere successo, la prima cosa da fare è nascere a Parigi, tutto il resto poi segue  naturalmente...

Dio è stato giusto con i giapponesi. Non ha dato loro petrolio, carbone, diamanti, oro, o risorse naturali... niente! Non c'è niente di originario dell'isola su cui possa erigersi una civiltà. Quello che Dio ha dato ai giapponesi è stato il senso dello stile preservato nei secoli attraverso un duro  lavoro e le discipline dell' ambizione.

(Parlando a proposito del teatro Kabuki)
 E' la parte di una donna che sta recitando capite?e' risaputo che tutti gli attori sono uomini, ma la delicatezza di questo ragazzo...  tutto stava in quelle palpebre, molto più delicate del primo fiore primaverile. Ve lo assicuro, se avessi una figlia femmina la manderei da lui a imparare come diventare una donna.

La moda deve essere la LIBERAZIONE più inebriante dalla banalità del mondo.

Un vestito nuovo non ti porta da nessuna parte , ciò ce conta è la vita che conduci, il genere di vita hai vissuto prima e quello che farai dopo con quel vestito addosso.

Ma l'essere nata a Parigi, l'aver vissuto già da piccola in ambienti culturalmente interessanti e aver sposato un uomo ricco, non bastano per fare di lei ciò che  è stata, serve una tempra d'acciaio, forza di volontà, ironia e determinazione, come lei stessa dice alla fine della sua storia, (o racconto ?):
"Sono sicura di aver scelto di nascere a Parigi, sono sicura di aver scelto i  miei genitori, sono sicura di aver scelto di essere chiamata Diana e sono sicura di aver scelto di avere una governante che si chiama pink!"

Insomma avete capito? chiaro no??? Dovremmo tutti imparare ad essere un pò più sicuri anche delle scelte che ci sono state imposte, rendendole nostre o fingendo che lo siano....

Se non sono stato bravo a tal punto da farvi incuriosire abbastanza, consiglio la lettura di questo che è sicuramente l'articolo che meglio descrive il personaggio, per altro scaturito dal geniale e brillante penna del bravissimo autore di uno dei blog più divertenti e colti che io conosca.... 

lunedì 17 dicembre 2012

It's all so quiet?

Ci sono film che raccontano belle storie, ci sono film che fanno commuovere, divertire, o nei peggiori dei casi, annoiare.
Poi ci nono film in cui quello che ti prende è l'estatica estetica delle scene, della fotografia, dei costumi, non ultimi.
E' il caso del film "THE ARTIST"
Il mio gusto personale in fatto di storia del costume mi trova profondamente devoto a quel periodo che va dagli anni '10 sino agli anni '30,  con un breve interesse per i '40, del secolo scorso.
Intorno agli anni Venti bustini e laccetti che costringevano il corpo in forme artefatte, cedono il posto ad un nuovo stile: tagli lineari, più essenziali e morbidi, le curve del corpo femminile sono nuovamente liberate dopo secoli. Questi abiti non solo sono più comodi da indossare, sono anche,  una sociologica, prima, tiepida liberazione delle donne dai legami e prigioni, imposte dalla società e da tutte quelle figure maschili imperanti: proprio marito, padre e così via.
Abiti che sono è una vera gioia per gli occhi, anche i capelli tagliati corti alla maniera di  intriganti carrè, ci restituiscono una figura femminile più disinibita e sfrontata, tentatrice. Le lunghezze delle gonne poi, si arrampicano sempre più in salita, accorciandosi... Nel film ero ipnotizzato dalla leggerezza degli abiti della protagonista, e dalle sue gambe, finalmente scoperte. Ho pensato alle donne giovani del tempo, che gran fortuna finalmente sfidare secoli di oscurantismo e segretezza.



assolutamente charmant il protagonista Jean du Jardin

Poi ovviamente ti ritrovi ad ammirare il lusso di copricapi tanto discreti delle dimensioni quanto sfacciati nelle forme e decorazioni giustapposte. Stole di visone, borsette e decorazioni di lustrini. Tutti gli abiti indossati dalla protagonista suggerivano un lusso, discreto, moderno, giovane.


Se di Merilyn si disse che -le mancasse solo un neo per essere perfetta-, la protagonista, una giovane ragazza in carriera, ce l'ha, e per di più assolutamente finto, quindi consapevole, e saprà sfruttarlo a dovere.




Se qualcuno si stesse chiedendo il perché, io non abbia fatto accenno assolutamente alla trama del film, ciò non significa che non mi sia piaciuto, ma semplicemente non volevo fare un post su questo argomento....e poi diciamocelo, non è che abbia questa grande cultura cinefila per permettermi di farlo! 
Non parlerò dunque della bellezza di un film che racconta del cinema prima dell'avvento del sonoro, la rilassante visone in bianco e nero, le scene immerse in una nebbia surreale, le battute, pochissime e minimali; è allo spettatore che è richiesta una maggiore attenzione, non parlerò delle tante scene  in cui vediamo solo muovere le labbra e facendo carico a noi stessi, ricavarne un nostro ipotetico e personalissimo dialogo.